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TECNOLOGIE IA NELL’ASSET E NEL WEALTH MANAGEMENT TRA RISCHI E VANTAGGI NEL RAPPORTO FINTECH DELLA CONSOB DI GIUGNO 2022.

Nei giorni scorsi la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) ha pubblicato il quaderno Fintech giugno 2022 dedicato all’’intelligenza artificiale nell’asset e nel wealth management.

Il documento mira a delineare le principali caratteristiche e le possibili applicazioni dell’IA (intelligenza artificiale) nell’ambito dell’asset e del wealth, favorendo una ricognizione sull’utilizzo delle relative tecniche da parte delle principali società di gestione del risparmio operanti nel mercato italiano.

La disponibilità di nuove tecnologie, unitamente all’aumento della potenza di calcolo e dei dati, ha iniziato ad influenzare i modelli commerciali degli operatori del settore, soprattutto per quanto riguarda attività specifiche quali la consulenza finanziaria, la gestione del rischio, l’identificazione e il monitoraggio dei clienti, nonché la negoziazione e gestione del portafoglio.

A ben guardare, l’uso delle tecnologie dell’intelligenza artificiale da parte degli intermediari finanziari e delle società di gestione può certamente portare vantaggi significativi per le imprese e per gli investitori, che possono beneficiare di condizioni migliori per i servizi di investimento, ma può anche porre nuovi rischi o aggravare rischi esistenti, con impatti negativi sull’efficienza dei mercati finanziari e sulla protezione degli investitori.

Con l’obiettivo di analizzare il fenomeno, in documento si divide in tre parti. La prima parte discute le potenzialità delle tecnologia IA nel sistema dell’intermediazione finanziaria nelle varie fasi del “portfolio management value chain” e analizza i rischi suscettibili di venire in evidenza, soprattutto in materia di privacy.

La seconda parte presenta i risultati dell’indagine condotta sull’utilizzo dei sistemi IA nella gestione patrimoniale. Dalle evidenze raccolte emerge che i manager indicano lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale come una priorità strategica in ragione dei benefici attesi in termini di innovazione nelle strategie di gestione, mantenimento di una posizione competitiva e aumento dell’efficienza operativa.

Tutte le aziende partecipanti al sondaggio ritengono che nei prossimi cinque anni i sistemi IA troveranno sempre più applicazione nelle varie fasi del processo di investimento. In prospettiva futura, i manager avvertono la necessità di una rigorosa supervisione umana dei processi decisionali basati sull’uso dei sistemi di intelligenza artificiale, anche se le funzioni di controllo e le procedure di governance per gli algoritmi e i dati sottostanti utilizzati sono ancora in evoluzione.

Infine, La terza parte esamina le implicazioni relative all’uso delle tecniche di automazione nel l’intermediazione finanziaria, da cui possono derivare benefici e rischi per l’investitore.

Il documento comprende altresì un’appendice, che fornisce una revisione preliminare dell’attuale dibattito giuridico e istituzionale sull’innovazione tecnologica, anche per quanto riguarda la proposta di regolamento UE sull’intelligenza artificiale.

Dalle evidenze raccolte nel Rapporto emerge che i gestori riconoscono nello sviluppo di sistemi di IA una priorità strategica e ne prevedono una applicazione crescente nell’ambito delle diverse fasi del processo di investimento, sebbene sotto la continua supervisione umana di tutti i processi decisionali.

Il lavoro si conclude con una riflessione sulle implicazioni dell’utilizzo delle tecniche di automazione nell’intermediazione finanziaria, con particolare riferimento ai temi di governance degli algoritmi, responsabilità dei providers e tutela della privacy.

Difatti, occorre tenere a mente che lo sviluppo tecnologico del ventaglio di servizi offerti dagli operatori del settore deve sempre garantire, da un lato, la stabilità del sistema finanziario e, dall’altro, elevati livelli di standard di protezione degli investitori. In quest’ottica l’impiego di tecniche IA possono introdurre significativi vantaggi per tutti gli attori coinvolti. E difatti, tali potenziali benefici rappresentano il principale motivo per cui, nei prossimi anni, si assisterà ad una diffusione di tali tecniche. Basti pensare che, attraverso l’utilizzo delle tecniche IA di automazione e la conseguente acquisizione di indicazioni più specifiche sull’investitore, il gestore potrebbe realizzare un servizio sempre più personalizzato e adeguato alle caratteristiche ed esigenze del cliente, così superando la prassi delle linee di gestione che uniformano il servizio di investimento. In tale ambito, una delle tecniche utilizzabili consiste nella cosiddetta ‘customer as a whole’ in base alla quale, tenendo conto dei comportamenti del cliente, come gli acquisti passati e presenti, si riescono a prevedere il comportamento futuro che, per esempio, potrebbero incidere sull’attitudine al rischio e/o sugli obiettivi di investimento.

Come riporta il Rapporto Consob, un’ulteriore ipotesi di utilizzo simile dei big data è ipotizzabile per la valutazione di adeguatezza in chiave dinamica. In particolare, la gestione di portafoglio, infatti, richiede una valutazione costante della coerenza dell’investimento al profilo del cliente per cui le tecniche di automazione possono consentire il relativo svolgimento in tempo reale. A tali fini, si possono utilizzare le tecniche nell’ambito della cosiddetta ‘customer relationship management’ per valutare scostamenti tra il comportamento dell’investitore e il suo profilo finanziario. In tal modo, ad esempio, si potranno utilizzare i dati per verificare la necessità di ribilanciare il portafoglio e adeguare l’investimento a un mutato livello di rischio, risultante dall’analisi delle informazioni riguardanti il comportamento del cliente. L’utilizzo di questa tecnica di automazione permetterebbe così di verificare l’affidabilità o la validità temporale dei dati acquisiti attraverso modalità tradizionali. Allo stesso tempo, oltre a offrire una soluzione ai problemi cognitivi e comportamentali che possono influenzare i clienti, i big data possono anche fornire una risorsa importante per far fronte all’adempimento degli obblighi stabiliti dal Regolamento delegato MiFID II. Infatti, l’uso di questa tecnologia permetterebbe una verifica efficiente dei dati dichiarati dai clienti, in conformità con l’obbligo di «intraprendere azioni per assicurare la coerenza delle informazioni sul cliente». Il controllo e il monitoraggio con tecniche di big data analytics possono permettere una verifica efficiente e un’azione rapida in caso di discrepanze tra le caratteristiche del portafoglio e i requisiti degli investitori.

Il documento evidenzia che l’utilizzo di TA aumenta le risorse che il gestore di portafoglio può utilizzare per la valutazione di adeguatezza e la revisione periodica del prodotto previste dalla disciplina MiFID II. Tale possibilità richiede di discutere la conformità alla disciplina sulla tutela dei dati personali di un customer relationship management realizzato tramite data analytics. Il tema del trattamento dei dati personali è del resto sempre più centrale nella disciplina dei mercati finanziari. In tale ambito, il Regolamento generale sulla protezione dei dati personali l’art. 6 del Regolamento UE n. 679/2016/UE (GDPR), nel contemperare l’interesse all’innovazione tecnologica e la tutela dei soggetti sottoposti al trattamento, ha previsto le condizioni necessarie della liceità del trattamento. Tali condizioni, oltre al caso di consenso prestato dal cliente, ricorrono, per quanto qui interessa, nel caso della profilatura prevista da MiFID II, essendo questa finalizzata all’«esecuzione di un contratto» di cui l’investitore è parte e il relativo trattamento è funzionale per «adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento».

Alla medesima soluzione si giunge con riferimento all’attività di ribilanciamento del portafoglio, anch’essa basata sul profilo di rischio del cliente, poiché come la valutazione di adeguatezza costituisce una prestazione tipica del contratto di gestione. Qualora invece, l’acquisizione e la successiva memorizzazione di informazioni riguardanti il cliente è svolta attraverso soggetti terzi che, svolgendo differenti attività, sono in grado di acquisire con maggiore facilità dati relativi all’intera esperienza di vita degli investitori (i data providers), la base giuridica del trattamento va rinvenuta nel consenso prestato dal cliente a questi per il trattamento ed eventuale successivo trasferimento di dati a favore dell’intermediario. Con riferimento alla più puntuale fattispecie della comunicazione dei dati dovuta dal distributor al manufacturer ai sensi delle regole MiFID II sulla revisione periodica del prodotto, una trasmissione di dati anonimi al manufacturer in forma aggregata consente il rispetto delle regole di product governance anche in assenza di uno specifico consenso del cliente alla comunicazione. Sembra muovere in tal senso, il Considerando 26 del GDPR, che prevede come «i principi di protezione dei dati non dovrebbero potersi applicare a informazioni anonime», cioè «informazioni che non si riferiscono a una persona fisica identificata o identificabile o a dati personali resi sufficientemente anonimi da impedire o da non consentire più l’identificazione dell’interessato». Giova qui ricordare, che tanto con riguardo al target market assessment che al suitability assessment, il principio cardine che guida il processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni del cliente consiste nella ‘proporzionalità’ rispetto alla natura del prodotto di investimento, servizio di investimento e mercato di riferimento.

Un’altra importante disposizione contenuta nel GDPR è il diritto alla cancellazione (o diritto all’oblio), secondo il quale l’interessato (ossia, l’investitore) «ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo», quando i suoi dati non sono più necessari, non vengono più trattati o ha ritirato il consenso prestato (art. 17 del GDPR). Il Rapporto nota che, da una lettura sommaria del regolamento, sembrerebbe che questa disposizione crei una potenziale incoerenza normativa tra il GDPR e la MiFID II. L’art. 16, par. 6, della direttiva MIFID prescrive l’obbligo per le imprese di investimento (ossia gli intermediari finanziari) di tenere una registrazione sufficiente di «tutti i servizi prestati e tutte le attività e le operazioni effettuate», mentre il par. 7 del medesimo articolo stabilisce che le registrazioni delle operazioni concluse devono essere «conservate per un periodo di cinque anni». Tuttavia, il diritto all’oblio non dovrebbe essere considerato come un diritto assoluto, ma dovrebbe essere considerato all’interno dell’ecosistema finanziario ed essere operativo nei limiti della relativa compatibilità. Un’interpretazione sistematica del GDPR e della MiFID II garantirebbe che la raccolta di dati da parte degli intermediari sia fondata innanzitutto su un obbligo legale. Essa permetterebbe agli intermediari di raccogliere, elaborare e conservare le informazioni, non solo per fornire correttamente i loro servizi, ma anche per garantire gli strumenti necessari per la trasparenza finanziaria. In effetti, le persone avranno il diritto di richiedere la cancellazione dei loro dati non appena questa sarà giustificata da uno dei motivi di cui all’art. 17 GDPR. Comunque, gli intermediari finanziari avrebbero il diritto di rifiutare la richiesta qualora venisse proposta nel termine di cinque anni previsto dalla MiFID II.

 

Sono quelli sopra riportati alcuni dei profili rilevanti che emergono dal Rapporto Consob sull’intelligenza artificiale nell’asset e nel wealth management. L’impiego di tecnologie IA nel settore ha potenzialità di diffusione molto ampie, in ragione dei vantaggi che consente di raggiungere. L’unico argine a tale sviluppo è rappresentato dai rischi che tali strumenti portano con sé, soprattutto in tema di privacy

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