L’acquisto di criptovalute, <<condotta di impiego e sostituzione in attività speculative>> con denaro preveniente dalla commissione di reati presupposto <<reato di truffa aggravata>>, costituisce un modo per ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro. Lo afferma la Sezione seconda penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 27023/2022 depositata la scorsa settimana. Si tratta di una sentenza importante che, sul piano strettamente giuridico, pone precisi limiti riguardo alla questione della trasparenza sia con riferimento alle operazioni che alla tracciabilità.